Settimana lavorativa di 4 giorni: in Islanda, grande successo. E in Italia?

Un successo travolgente

Secondo i ricercatori che hanno appena finito di elaborare i risultati dell’esperimento - svolto tra 2015 e 2019 - è stato un successo travolgente. In quegli anni l’1% degli islandesi in età da lavoro (la popolazione totale arriva a 360.000 abitanti) si sono goduti 3 giorni liberi alla settimana, lavorando per 35-36 ore in tutto negli altri 4 giorni. I settori? Personale di scuole materne e di uffici, fornitori di servizi sociali e dipendenti ospedalieri.

Gli accordi sindacali

Gli esperti della società britannica Autonomy e dell’Associazione per la democrazia sostenibile (Alda) segnalano che i lavoratori hanno garantito di sentirsi meno agitati, di stare meglio anche sul fronte della salute generale e di aver apprezzato moltissimo l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Questa esperienza ha avuto effetti pratici per tutti: a livello sindacale sono stati presi nuovo accordi per dare la possibilità all’86% di coloro che lavorano di svolgere turni meno lunghi.

Un buon esempio per tutti

Secondo Will Stronge, direttore della ricerca per Autonomy, il settore pubblico è maturo per essere un pioniere delle settimane lavorative più brevi. Altri governi possono prendere esempio da questa esperienza. Qualcuno potrà obiettare che è più facile attuare iniziative di questo tipo in un Paese efficiente che ha la stessa popolazione del Comune di Firenze. Però intanto il sasso è stato lanciato nello stagno.

Dal Giappone all'Italia

Intanto esperienze analoghe sono giudicate interessanti - nel settore pubblico e in quello privato - da altri paesi, dalla Nuova Zelanda alla Spagna, dalla Finlandia al Giappone. A Tokyo, per esempio, la Microsoft nel 2019 ha sperimentato per un mese i quattro giorni lavorativi, con un aumento della produttività pari al 39,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. E in Italia? A parte qualche esperienza isolata, siamo ancora al palo.

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