Conti correnti, la banca può chiudere unilateralmente il conto corrente?
10 gen 2024 | 4 min di lettura | Pubblicato da Giusy I.
Non è frequentissimo ma può accadere. Stiamo parlando della chiusura forzata del conto corrente. Si tratta di una clausola di salvaguardia, quella del recesso unilaterale, alla quale l’intestatario di un conto corrente non può opporsi.
Allora vediamo in cosa consiste, quando può avvenire e quali sono le ultime novità in materia.
In linea generale bisogna sottolineare che la normativa sui contratti vieta ad una delle parti, dunque cliente o istituto di credito, di chiudere improvvisamente un conto corrente. E’ stabilito, infatti, comunque un arco di tempo prestabilito (e comunque non prima di quindici giorni dall’avviso) per contratto per la chiusura del conto.
E’ poi lo stesso Codice Civile a stabilire che la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine dello stesso se non per una giusta causa. Cause che, ovviamente, devono essere molto serie.
Ad esempio se il conto corrente è oggetto di indagine da parte della Guardia di finanza o da parte della magistratura su reati finanziari, se vi è un livello di rischio di credito troppo elevato. Sono inclusi anche coloro che hanno, ad esempio, emesso assegni scoperti. Dunque, quando vengono sollevati sospetti di commissione di reato che possono ripercuotersi sulla liquidità e sulle somme del correntista, la banca può procedere alla chiusura del conto unilateralmente, senza cioè dare il dovuto preavviso e, soprattutto, con effetto immediato.
Il recesso bancario, secondo la Cassazione, inoltre, è considerato legittimo se il correntista è perennemente in rosso con il conto. In pratica, la banca ha il pieno diritto di esercitare il recesso dal conto corrente perché sono presenti circostanze che fanno sorgere dubbi in ordine alla solvibilità del correntista. Spetterà, eventualmente, a quest’ultimo dimostrare che la banca sta commettendo un errore.
Un altro caso in cui la banca può recedere immediatamente dal contratto di conto corrente si ha quando il correntista abbia “ripetutamente, e in modo del tutto ingiustificato, superato il limite di affidamento concesso”.
Cosa succede quando si procede con il recesso?
Innanzitutto viene sospesa subito l’utilizzazione del credito, come disciplinato dall’articolo 1845 del codice civile, ma l’istituto di credito dovrà concedere quindici giorni per la restituzione delle somme usate e degli accessori pertinenti.
Ovviamente il recesso implica anche la revoca immediata dell'autorizzazione ad emettere assegni e si sarà invitati a restituire le eventuali carte di credito.
Scaduti i termini, inoltre, i soldi vengono restituiti con assegno circolare. Il titolare del conto corrente sarà anche segnalato al sistema interbancario per mettere in guardia le altre banche nel caso venissero interpellate per l’apertura di un nuovo conto corrente.
Le proposte di revisione in discussione in Parlamento
Le banche non devono poter chiudere i conti correnti dei cittadini. E’ in pratica questo il nocciolo della questione al centro del disegno di legge “Disposizioni in materia di utilizzo ed erogazione del rapporto do conto corrente” depositato alla Camera e che riprende il ddl Siri, il cui percorso legislativo è stato interrotto dalla fine anticipata della XVIII legislatura. Soprattutto “in un contesto normativo che impone l’uso della moneta elettronica”, limitando l’uso del contante, l' interdizione dell’uso di un conto corrente condanna alla morte civile la persona che ne è colpita, rendendola un apolide finanziario, privo di diritti costituzionalmente garantiti, a partire da quello di ricevere una retribuzione per il lavoro svolto”. Così spiega il primo firmatario del progetto di legge nonché deputato e responsabile economico della Lega, Alberto Bagnai.
La proposta normativa nasce proprio dalle segnalazioni dei cittadini che, sotto osservazione per i possibili reati finanziari dalla Guardia di Finanza o dalla magistratura, si sono visti chiudere il conto corrente, pur in presenza di saldi attivi, trovandosi così impossibilitati a effettuare o ricevere pagamenti con gli usuali canali elettronici (bancomat, bonifico e via dicendo).
Allo stesso tempo, ha sottolineato Bagnai, alla chiusura del conto corrente al cittadino verrebbe consegnato un assegno circolante che non solo per essere convertito in liquidità necessita di essere depositato in un conto corrente, ma soprattutto anche se riuscisse a farlo liquidare in contanti “il correntista si troverebbe nella paradossale situazione di non poter usufruire del proprio denaro per effetto della normativa sulla limitazione di contante”.
Ovviamente non è in discussione l’iniziativa economica che è libera, ma questa “ci ricorda la Costituzione, non può svolgersi in modo da recare danno alla dignità umana”. E, in particolare, le infrastrutture elementari di pagamento, ossia i conti correnti bancari, “se pure esercitate in regime privatistico, assolvono a una finalità sociale che non può essere dimenticata”.
D’altronde chiudere un conto corrente unilateralmente significa di fatto “privare una persona del diritto al lavoro, alla retribuzione, alla mobilità, al sostentamento, attenta alla sua dignità", dichiara Bagnai. Si chiede quindi con il disegno di legge che “i necessari presidi volti a scongiurare che l’accesso a un conto bancario sia presupposto di comportamenti delittuosi” siano abbinati “all’indispensabile garanzia nel mondo della moneta elettronica dell’uso di questa infrastruttura come in quello della moneta fisica era garantito l’accesso al circolante”.
Giusy Iorlano è giornalista professionista. Laureata presso la Luiss Guido Carli di Roma, due master, ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali occupandosi soprattutto di economia e finanza. Collabora da diversi anni con Milano Finanz
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