Conto corrente dormiente in rosso: cosa fare?
17 nov 2021 | 5 min di lettura | Pubblicato da Giusy I.
Conti correnti, depositi di denaro, libretti bancari e postali. Ma anche azioni, obbligazioni, assegni circolari non riscossi, certificati di deposito o fondi d'investimento. Se esistono somme depositate o investite in questi strumenti che non vengono toccate da diversi anni allora si possono considerare “dormienti”. A molti potrebbe sembrare strano o persino assurdo, ma più spesso di quanto non si pensi ci si dimentica di tali strumenti per anni, tanto da farli diventare ‘inattivi’.
Se alcuni titolari li dimenticano altri, ad esempio, semplicemente non li usano più o magari, come nel caso di eredi, non sanno di averli. Tutti casi questi che sono molto frequenti se si pensa che in Italia ci sono oltre 1,1 milioni di depositi bancari, postali e finanziari ‘dimenticati’, per un totale di oltre 2 miliardi di euro non riscossi.
Quando un conto può essere considerato dormiente o inattivo?
Si dice dormiente, appunto, quando per ben 10 anni il conto non è ‘movimentato’, cioè su di esso non vengono effettuate operazioni come versamenti, prelievi, bonifici, pagamenti con bancomat o carte di credito.
La banca trascorso questo tempo dovrà invitare il titolare del conto, tramite raccomandata a.r., a dare delle disposizioni entro 180 giorni. Se non si ottiene alcuna risposta dopo tale data il rapporto sarà considerato estinto e le eventuali somme presenti saranno devolute ad un fondo per la tutela del risparmio creato dallo Stato nel 2005: Consap (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici), una società per azioni che opera sotto il diretto controllo del Ministero dell’Economia e delle Finanze. La stessa disciplina è stata estesa anche alle polizze vita.
Consap “conserva” il conto per altri dieci anni durante i quali il titolare, oppure gli eredi, possono “riattivarlo” e, quindi, recuperarlo ottenendo il denaro depositato. Trascorso tale arco di tempo il conto sarà considerato ‘dimenticato’ e quindi il denaro diventa inesigibile e, cioè, perso.
Prima dei dieci anni, dunque, la banca non ha alcun obbligo nei confronti del correntista, ma, anche in caso di conto in rosso, è un diritto di quest’ultimo chiedere la chiusura del conto affinché non aumenti la passività. Ovviamente la chiusura non implica la cancellazione del debito nel frattempo contratto con la banca e, quindi, andrà saldato.
In base alla legislazione, inoltre, oltre a non essere stata effettuata alcuna operazione o movimentazione per un periodo di tempo di dieci anni, per considerarsi dormiente il saldo deve essere superiore a 100 euro.
Come si riattiva un conto dormiente?
Per ridare ‘vita’ a un conto corrente o di deposito dormiente ci sono alcuni ‘movimenti’ che possono essere effettuati.
Tra questi si potrà, ad esempio, comunicare alla banca che si intende proseguire il rapporto o un eventuale cambio di residenza; richiedere un libretto degli assegni o effettuare un prelievo di denaro; si può utilizzare la carta di credito collegata al conto o effettuare un pagamento “manuale”.
Non è possibile, invece, “risvegliare” il conto con operazioni “automatiche” quali, ad esempio, l’accredito dello stipendio, della pensione o attraverso i pagamenti automatici delle utenze effettuati tramite RID.
Come recuperare un conto dormiente se già passato al fondo Consap?
Nel momento in cui il saldo di un conto dormiente sia già stato trasmesso al fondo Consap potrà, comunque, essere recuperato dal titolare. L’importante è che non si superi il limite massimo dei dieci anni dal momento in cui il saldo è entrato a far parte del Consap. Per recuperarlo esistono, comunque, delle procedure specifiche da seguire.
Prima di tutto è necessario capire se si ha diritto al rimborso.
Il sito del Consap è molto chiaro su questo aspetto: hanno diritto al rimborso i titolari o gli eredi dei rapporti dormienti e gli ordinanti (o aventi causa) degli assegni circolari entro dieci anni dalla data di emissione del titolo.
Più lungo è l’elenco di chi, invece, non ne ha diritto: i beneficiari delle polizze vita, dei buoni fruttiferi postali non riscossi entro dieci anni, i beneficiari degli assegni circolari una volta decorso il termine di prescrizione triennale, gli ordinanti degli assegni circolari dopo la prescrizione di dieci anni dalla data di emissione del titolo.
Una volta appurato che si è tra gli aventi diritto al rimborso bisognerà collegarsi al sito Portale Unico del Consap e inoltrare da lì la domanda. Sarà necessario effettuare una registrazione per poter, poi, inoltrare, con le credenziali fornite, la domanda per via telematica. Quest’ultima, comunque, potrà essere inoltrata anche tramite una raccomandata a/r seguendo le istruzioni riportate sempre sul sito del Consap. Ci sono, poi, casi particolari, come, ad esempio, quelli che riguardano i correntisti defunti.
Può capitare, infatti, che in caso di morte del titolare di un conto corrente quest’ultimo diventi dormiente perché nessuno degli eredi fa comunicazione alla banca del decesso.
In questo caso l’erede/i legittimi devono fare domanda di recupero al Consap allegando tutta la documentazione necessaria: in primis il certificato di morte del titolare del rapporto dormiente e il documento di successione. Se ci sono più eredi si può delegare anche uno solo degli aventi diritto per la riscossione del saldo del conto. Ovviamente la delega dovrà essere autenticata presso gli uffici competenti.
Cosa succede se un conto corrente “dormiente” è in rosso?
Partiamo da un presupposto: i conti correnti che dovessero andare in “rosso” non entrano a far parte della categoria dei dormienti. È più che altro ormai diventata una prassi per indicare soprattutto casi in cui un conto corrente appartiene ad una persona defunta e non è mai stato chiuso dagli eredi per non pagare, appunto, lo scoperto. Fermo restando, però, che lo “scoperto” di conto è considerato negativamente dagli istituti bancari e deve essere assolutamente coperto. Certo è che in futuro la banca potrebbe chiudere unilateralmente il conto corrente.
Ovviamente non scatteranno segnalazioni alla Centrale Rischi della Banca d’Italia nei confronti dei potenziali eredi se non sono divenuti intestatari del rapporto bancario attraverso la pratica della successione.
Per evitare spiacevoli conseguenze sono in tanti, comunque, a consigliare di effettuare la rinuncia all’eredità. Questo per evitare, appunto, che la banca possa chiedere in futuro il rimborso delle passività per gestione ed interessi riferiti al conto corrente ai legittimari dell’intestatario defunto. Conviene, dunque, ai chiamati all’eredità presentare formale rinuncia presso la cancelleria del tribunale competente territorialmente.
Giusy Iorlano è giornalista professionista. Laureata presso la Luiss Guido Carli di Roma, due master, ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali occupandosi soprattutto di economia e finanza. Collabora da diversi anni con Milano Finanz
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