I costi dell'energia spinge in basso i Bitcoin: il mining è troppo caro
21 nov 2022 | 3 min di lettura

Nell'attuale contesto di aumento dei costi energetici, il mining di Bitcoin risulta molto dispendioso, spingendo alcuni minatori a spegnere le loro macchine, a liquidare le riserve di criptovalute e a ricalibrare le loro strutture di costo con conseguenze per i volumi di trading.
Il costo dell'energia per chilowattora (kWh) più basso rende il mining più redditizio e viceversa.
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Spese di estrazione: da cosa sono composte?
Sebbene possa essere utile calcolare una struttura di costi di pareggio per il mining medio di bitcoin sulla base dell'efficienza del modello di miner ed i costi energetici. Questi due input variano in modo significativo tra le operazioni di estrazione globali.
Inoltre, i costi di estrazione possono variare a seconda delle spese di manodopera e di capitale di un determinato operatore, compresi gli esborsi iniziali per i macchinari, i costi di costruzione ed i piani di ammortamento di tali macchinari.
Cosa succede se il prezzo del Bitcoin si abbassa
Il prezzo attualmente depresso del bitcoin e l'elevata difficoltà di estrazione fanno sì che solo i modelli di mining di ultima generazione e/o le operazioni con costi energetici relativamente bassi possano estrarre bitcoin con profitto nel contesto attuale.
Siccome i minatori ambiscono alla ricompensa di estrazione (costituita dalle criptovalute appena create e dalle commissioni di transazione) per coprire le spese operative, un prezzo più basso dei bitcoin riduce il potere d'acquisto di questi risultati e rende più difficile la copertura delle spese.
Di conseguenza, i minatori con i costi di produzione più elevati non conseguiranno profitti interessanti e saranno costretti a interrompere l'attività di estrazione, analogamente alle dinamiche dei costi di produzione delle materie prime tradizionali.
Tuttavia, a differenza delle commodity tradizionali come l'oro, dove i costi di produzione e le spese operative rispondono più lentamente alle variazioni del prezzo della materia stessa, i costi di produzione del bitcoin sono progettati per adattarsi dinamicamente alle condizioni di mercato attuali ogni due settimane.
Quali sono le strategie ora?
In queste difficili condizioni di mercato, l'approccio conservativo di molti operatori di mining è quello di liquidare una parte delle loro disponibilità di bitcoin quando i prezzi scendono.
Man mano che i minatori non redditizi escono, ci si aspetta che l'hashrate diminuisca e che la difficoltà si adegui al ribasso, creando un nuovo equilibrio che sostenga meglio l'attività. Un hashrate più basso allo stato stazionario rappresenti un potenziale bottoming del ciclo, che sarebbe quindi un precursore di nuovi ingressi. L'hashrate della rete ha attualmente imboccato una traiettoria discendente supportando l'idea che i minatori abbiano spento le loro macchine nelle ultime settimane.
Si potrebbe anche assistere a un più ampio consolidamento dell'industria mineraria, con l'acquisizione da parte di operatori più grandi e ben capitalizzati di operatori più piccoli costretti a uscire dal mercato.
Questo processo sembra essere in corso, dato che i prezzi delle schede grafiche sono diminuiti costantemente da un anno all'altro (di recente sono scesi del 15% su base mensile a Maggio, secondo Decrypt) e gli ASIC top di gamma vengono scaricati sui mercati secondari con forti sconti (nell'ordine del 65% rispetto ai massimi registrati lo scorso anno).
Pertanto, se da un lato vari minatori potrebbero continuare a vendere una parte delle loro partecipazioni in bitcoin o delle loro attrezzature di mining in questo contesto, o addirittura venire acquisiti interamente, dall'altro lato questo processo rappresenta una caratteristica naturale e autocorrettiva (non un bug) della rete bitcoin.
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