Clima e assicurazioni: la crisi ambientale diventa un rischio economico concreto
18 mar 2025 | 3 min di lettura

Il cambiamento climatico non è più una questione ambientale astratta, ma un fattore sempre più determinante per la tenuta economica delle imprese.
Secondo una recente analisi condotta da Boston Consulting Group in collaborazione con il World Economic Forum, l’inazione potrebbe costare cara: entro il 2050, le aziende rischiano di perdere fino al 25% dei profitti, mentre entro il 2100 il PIL globale potrebbe subire una contrazione del 22%. Su Facile.it, leader nel confronto tra assicurazioni online, approfondiamo l'argomento.
I segnali sono già evidenti. Fenomeni meteorologici estremi, come tempeste, siccità e incendi, stanno causando danni crescenti: dal 2000 a oggi si calcolano perdite economiche per 3.600 miliardi di dollari, di cui 1.000 miliardi solo negli ultimi cinque anni, con un impatto diretto su settori produttivi e infrastrutture.
Assicurazioni in fuga dalle aree ad alto rischio
A dimostrazione della crescente instabilità, molte compagnie assicurative stanno ritirando le coperture da territori considerati troppo esposti ai disastri naturali. Si parla di aree ormai definite uninsurable, ovvero non più assicurabili per l’alto livello di rischio. Un fenomeno sempre più frequente in regioni come l’Europa e gli Stati Uniti, dove gli eventi climatici estremi si fanno più intensi e imprevedibili.
Due facce della crisi: rischi fisici e rischi di transizione
Lo studio identifica due categorie principali di minacce per il mondo imprenditoriale. Da una parte ci sono i danni diretti causati dagli eventi climatici estremi: allagamenti, uragani, ondate di calore e incendi che compromettono impianti produttivi e catene di approvvigionamento. Dall’altra, i rischi di transizione, legati alla trasformazione del sistema economico verso modelli più sostenibili. Si tratta di costi legati a normative ambientali più stringenti, tasse sul carbonio e svalutazione degli asset legati ai combustibili fossili.
Un esempio significativo riguarda il carbone: secondo le proiezioni, la sua domanda globale potrebbe crollare del 90% entro il 2050, rendendo antieconomici molti impianti esistenti. Inoltre, il valore degli asset fossili potrebbe ridursi fino al 35% già nel prossimo quinquennio, con ricadute importanti su diverse industrie.
Le imprese sottovalutano l’impatto reale
Nonostante la crescente consapevolezza del problema, molte aziende continuano a sottostimare le conseguenze finanziarie del cambiamento climatico. Mentre nei bilanci gli impatti vengono stimati tra l’1% e il 3%, gli scenari tracciati dagli analisti mostrano potenziali perdite ben più consistenti, comprese tra il 5% e il 25% dell’EBITDA entro i prossimi decenni.
La sostenibilità come opportunità economica
Tuttavia, il quadro non è solo negativo. Lo studio sottolinea come investire nella transizione ecologica non sia soltanto una scelta etica, ma anche una mossa strategica vantaggiosa. Ogni dollaro speso per la resilienza climatica può generare un ritorno economico compreso tra 2 e 19 dollari, prevenendo perdite future e migliorando la competitività.
Anche su scala globale, gli investimenti nella sostenibilità sono destinati a generare valore. Per mantenere il riscaldamento entro i 2°C, basterebbe destinare circa il 2% del PIL mondiale alla mitigazione e un ulteriore 1% all’adattamento, evitando così perdite economiche ben più ingenti, stimate tra il 10% e il 15% del PIL entro la fine del secolo.
L’economia verde accelera: un mercato da 14.000 miliardi
Chi saprà anticipare i cambiamenti troverà davanti a sé un mercato in forte espansione. Il valore dell’economia green è destinato a passare dagli attuali 5.000 miliardi a oltre 14.000 miliardi di dollari entro il 2030. I settori trainanti? Energia rinnovabile (49% del mercato), mobilità sostenibile (16%) e consumi eco-friendly (13%), tutti in crescita a ritmi annui tra il 10% e il 20%.
Il messaggio è chiaro: ignorare il cambiamento climatico non è solo insostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche economicamente miope. Le imprese che sapranno adattarsi in tempo non solo eviteranno perdite, ma potranno essere protagoniste di una nuova economia più resiliente e competitiva.
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