Assicurazione per calamità naturali obbligatoria per le imprese
11 dic 2023 | 6 min di lettura | Pubblicato da Giusy I.
Alluvioni, frane, terremoti, ma anche esondazioni e inondazioni. A dimostrare quanto sia fragile il territorio del nostro Paese, purtroppo, bastano i tragici eventi degli ultimi mesi.
Per far fronte a tutto ciò, il governo ha deciso che a partire da dicembre 2024 le imprese che hanno la propria sede o una stabile organizzazione in Italia, saranno obbligate a stipulare un’assicurazione contro le catastrofi naturali.
A prevederlo è la prossima legge di Bilancio arrivata, ormai, al rush finale. Una normativa quanto mai necessaria se si vanno a vedere i numeri. Secondo quanto calcolato dal Consiglio nazionale di ricerca (Cnr), infatti, negli ultimi dieci anni le catastrofi naturali in Italia sono costate quasi 310 miliardi di euro che, ovviamente, sono andati a pesare anche sul bilancio dello Stato.
Cosa prevede la nuova legge di Bilancio
Nella nuova legge di bilancio, come detto, è ora previsto l’obbligo di copertura assicurativa per le imprese contro terremoti, frane, inondazioni, esondazioni e alluvioni ( nelle prime bozze erano incluse anche le eruzioni vulcaniche poi eliminate). L’intervento, almeno per ora, è riservato alle sole imprese (escluse quelle agricole, per le quali c’è il fondo Agricat).
La formula è quella dell’obbligatorietà, in cui lo Stato assume il duplice ruolo di regolatore del mercato assicurativo nel ramo e di riassicuratore, con una garanzia a favore delle compagnie di assicurazione prestata da Sace, la società per azioni partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze specializzata nel settore assicurativo-finanziario (fino al 50 per cento degli indennizzi, ndr), come si legge nella relazione al ddl Bilancio.
La manovra potrà essere ancora modificata nel suo iter, ma il testo attuale, che molto probabilmente non verrà rivisto, prevede che le imprese senza copertura assicurativa restino escluse “dall’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali”. In altri termini non sembrano esserci alternative e la strada sembra obbligata: le imprese non avranno alcun diritto a ricevere sostegni pubblici o fondi per la ricostruzione post-calamità.
Anche le compagnie assicurative, dal canto loro, saranno però obbligate a offrire la copertura assicurativa, magari lavorando in pool, con il rischio di ricevere una multa compresa tra 200mila e un milione di euro in caso di rifiuto. Un obbligo a contrarre che al momento nel mercato assicurativo era previsto solo nel ramo Rc auto e che non ha mancato di sollevare discussioni tra gli operatori del settore, così come altri aspetti dell’articolo 24 del disegno di legge che ha introdotto le nuove norme sui rischi di catastrofi.
Per l'adempimento dell'obbligo di assicurazione, il contratto prevede “un eventuale scoperto (o franchigia assoluta) fino al 15 per cento del valore dei beni assicurati (ad esempio se i danni accertati ammontano a 100mila euro, 15mila sono a carico dell’assicurato) e l’applicazione di premi proporzionali al rischio. Lo stesso schema, in pratica, all’obbligo della Rc auto. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro delle imprese e del Made in Italy, possono essere stabilite ulteriori modalità attuative e operative degli schemi di assicurazione di cui al presente articolo e aggiornati i valori”.
Ecco chi è escluso
La vera e propria mancanza di copertura assicurativa contro le catastrofi, a ben notare, non è tanto tra le imprese quanto tra le abitazioni private. Secondo gli ultimi dati elaborati da Ania (l’associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, ndr), buona parte delle imprese più grandi (quelle, cioè. con più di 250 addetti) hanno infatti già oggi una copertura contro le catastrofi naturali e i rischi climatici. Percentuale pari per la precisione al 78 per cento, che scende proporzionalmente al diminuire della dimensione delle imprese. La diffusione di polizze anti-catastrofi tra le imprese che hanno tra 50 e 249 dipendenti è, infatti, pari al 67 per cento e si riduce al 55 per cento tra quelle più piccole (10-49 dipendenti) per crollare addirittura al 5 per cento tra le micro-imprese, ossia quelle che hanno meno di nove dipendenti. La norma va quindi a incidere in particolare su queste ultime, ma restano fuori le abitazioni private, che hanno anch’esse una percentuale di assicurazioni anti-catastrofi decisamente esigua, pari sempre a 5 per cento, nonostante circa il 40 per cento delle case sia per esempio in zone a media o elevata pericolosità sismica. Un’accelerazione delle coperture per privati c’è stata dopo che, a decorrere dal 2018, sono state previste agevolazioni fiscali, con l’esenzione dell’imposta sui premi e la detrazione del 19 per cento di quanto versato. Quindici anni fa le case con polizze catastrofali erano praticamente pari a zero; in ogni caso, come visto, i numeri restano piccoli e la manovra non ha previsto incentivi per aumentarli.
Eppure, secondo un’ultima indagine commissionata da Facile.it a mUp Research, nell’ultimo anno sono circa 5 milioni gli italiani che hanno subito danni alla propria abitazione causati da maltempo o calamità naturali; sebbene il 78 per cento degli immobili italiani sia costruito in zone a rischio idrogeologico sono stati davvero pochissimi gli italiani che hanno sottoscritto una polizza per tutelarsi, tanto è vero che, anche fra i 5 milioni di danneggiati dello scorso anno, solo 1 su 3 aveva una polizza assicurativa personale a tutela dell’immobile e quasi 4 danneggiati su 10, pari a circa 1,8 milioni di italiani, non hanno potuto contare su alcuna copertura visto che erano privi anche di quella condominiale. Insomma gli italiani sembrano essere piuttosto restii alle polizze contro le calamità, e in questo non poche responsabilità hanno avuto le compagnie assicurative con polizze poco chiare e a volto troppo complesse.
Il mercato assicurativo in Italia in questo settore
Relativamente all’attività di copertura dei rischi da catastrofi naturali, è stato rilevato, in particolare, che in Italia i premi per rischi climatici sono 2,1 miliardi di euro (5,6 per cento del totale dei premi), stabile nei tre anni dal 2019 al 2021. Il 58 per cento è attribuibile al rischio grandine. Gli oneri dei sinistri da rischi climatici sono pari a 1,6 miliardi di euro, aumentati del 28 per cento nell’ultimo biennio 2020-2021.
Nel corso dello stesso periodo, la raccolta premi per il rischio terremoto si è mantenuta su livelli esigui (364 milioni di euro nel 2021) ma in crescita (+25 per cento) rispetto al biennio 2019-2020.
I premi, i sinistri e le spese sono concentrati prevalentemente tra “assicurazioni incendio e altri danni ai beni” (oltre il 60-90 per cento); in misura inferiore in “altre assicurazioni danni”.
Andando alle caratteristiche delle coperture, prosegue l’indagine della Autorità di Vigilanza, i contratti assicurativi a copertura dei rischi climatici presentano una durata annuale per oltre il 50 per cento delle imprese; relativamente alla durata massima, oltre il 10 per cento dei segnalanti ha indicato una durata compresa tra i 5-10 anni e circa il 25 per cento oltre i 10 anni.
Giusy Iorlano è giornalista professionista. Laureata presso la Luiss Guido Carli di Roma, due master, ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali occupandosi soprattutto di economia e finanza. Collabora da diversi anni con Milano Finanz
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