Come funziona la rivalsa assicurativa del datore di lavoro
3 ago 2023 | 4 min di lettura | Pubblicato da Giusy I.
Un istituto giuridico non molto conosciuto ma che potrebbe essere d’aiuto a tanti imprenditori in momenti di difficoltà: parliamo della rivalsa del datore di lavoro prevista dall’art. 2043 del Codice Civile, e confermata anche dalla Cassazione, che disciplina che “chiunque cagioni ad altri un danno ingiusto sia tenuto a risarcirlo e, certamente, in caso di assenza di un lavoratore infortunato a causa di un terzo, il datore di lavoro subisce un danno non trascurabile e non può essere escluso dai legittimati al risarcimento”. Un diritto non sempre esercitato tanto, perché poco conosciuto, ma che invece solleverebbe da pesanti costi chi fa impresa. Vediamo di cosa si tratta, quando scatta e perché.
Cos’è la rivalsa del datore di lavoro
La rivalsa è l’azione legale che il datore di lavoro può portare avanti direttamente contro chi ha causato l’infortunio ad un proprio dipendente (che dunque non può più, per un breve o lungo periodo, lavorare) e chiedere, dunque, un risarcimento. Facciamo un esempio.
Un lavoratore è investito mentre non è al lavoro da un pirata della strada. Sicuramente si tratta di un caso sfortunato in cui comunque il lavoratore ha il diritto a conservare il posto di lavoro e a continuare ad essere retribuito. Per il datore di lavoro si tratta, ovviamente, di un grave danno economico perché dovrà continuare a pagare il proprio dipendente anche mentre è in malattia, e quindi impossibilitato a svolgere le sue funzioni.
Proprio qui si può far scendere in campo la rivalsa del datore di lavoro. Grazie a questo istituto l’imprenditore può chiedere il risarcimento dell’infortunio direttamente al responsabile della malattia o, nel caso del nostro esempio, dell’infortunio che impedisce al suo dipendente di recarsi al lavoro e svolgere le proprie funzioni, creando quindi un vero e proprio danno economico per il datore, visto che dovrà continuare a pagare la malattia al dipendente.
Come si richiede
Dal momento in cui è avvenuto l’incidente che ha causato il danno si ha, in genere, tempo fino a due anni per poter quantificare il danno, sulla base di tutti i costi sostenuti dall’azienda, e richiedere la rivalsa a chi lo ha provocato.
“Una volta che l’azienda ha quantificato l’importo da richiedere – spiega Manuel Tricomi, esperto del settore – attraverso il proprio consulente dovrà semplicemente inviare una richiesta formale al Responsabile civile. Questo passaggio agevola l’iter per ottenere il risarcimento, che avviene nel 90% dei casi. Ci sono alcune regole da seguire. L’azienda deve aspettare che sia chiara la dinamica dell’incidente per capire se vi siano i presupposti per effettuare la rivalsa e deve identificare con certezza i dati del responsabile o della sua compagnia assicuratrice, sapendo che la rivalsa può essere esperita anche in caso di responsabilità parziale. Si tratta insomma di un diritto da esercitare e che, di fatto, ha avuto anche l'imprimatur della Cassazione. La Suprema Corte, in una sentenza del 1988, ha sancito il principio secondo il quale il responsabile di lesioni a danno di un lavoratore dipendente è tenuto a risarcire il datore di lavoro, per il periodo in cui il dipendente non potrà assicurare la propria prestazione lavorativa".
Bisogna poi sottolineare il fatto che il datore di lavoro si muoverà direttamente e in maniera autonoma nei confronti del danneggiante e della sua compagnia assicuratrice, senza doverlo fare insieme al dipendente infortunato.
Le condizioni necessarie
Il datore di lavoro può esercitare questo diritto se ricorrono determinate condizioni. E non è necessario che il danno sia ancora in itinere o già chiuso, la prescrizione è infatti di 24 mesi e si può tornare indietro nel tempo anche nel caso in cui il dipendente assente per cause dovute a terzi ormai non è più un dipendente di quella determinata azienda.
La rivalsa potrà essere richiesta, oltre che in caso di infortunio, anche in caso di malattia, a patto che sia imputabile sempre ad un responsabile esterno coperto da assicurazione, dunque l’illecito di un terzo.
Il danno subito dal dipendente non deve derivare da una sua esclusiva colpa (ad esempio un lavoratore che fa un incidente con la sua auto perché ubriaco alla guida). La rivalsa è valida anche in caso ci sia concorso di colpa o in caso di dipendenti trasportati quando il conducente del veicolo ha torto. Il diritto al risarcimento non deve essere prescritto, in genere si parla di due anni.
Come si quantifica il danno
Generalmente il danno subito dal datore di lavoro si quantifica in base ai costi che l’azienda deve sostenere nel periodo di assenza del lavoratore.
Il rimborso erogato dagli assicuratori sociali al datore di lavoro, spesso a torto, viene considerato un “giusto” rimborso. In realtà, Inail e Inps vanno ad integrare la busta paga del lavoratore infortunato ma non vanno a coprire, invece, tutti quelli che sono i costi a carico dell’azienda. E poi resta il fatto che il datore di lavoro subisce un danno ancora più importante: il lavoratore che non potrà materialmente eseguire il suo lavoro spesso è difficile da sostituire, con conseguenti difficoltà per l’azienda. Il datore, quindi, ha diritto a chiedere un rimborso di questi costi direttamente al responsabile civile che ha causato l’assenza del dipendente dal suo posto di lavoro.
Nel risarcimento rientrano anche tutti quelli che sono gli eventuali oneri contributivi e retributivi (es. tredicesime, quattordicesime, Tfr, premio di produzione, ecc), nonché le ferie non godute, ma comunque maturate in quel periodo.
Giusy Iorlano è giornalista professionista. Laureata presso la Luiss Guido Carli di Roma, due master, ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali occupandosi soprattutto di economia e finanza. Collabora da diversi anni con Milano Finanz
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